Dopo le aspre polemiche scatenatesi per la manifestazione a favore della famiglia naturale a Firenze, la Manif Pour Tous Italia, traccia un primo e favorevole bilancio: “mai più dare il minimo credito ai (legittimi) polveroni sollevati dalle associazioni dei diritti dei gay, nonostante il caos mediatico e le “centinaia” di adesioni online “da tutta Italia” erano addirittura meno di noi, che giocavamo fuori casa! Volevamo smuovere le acque e ci siamo riusciti. Avanti così. Per la Famiglia, è Naturale! Siamo contentissimi per la manifestazione di oggi (11 Gennaio 2014 ndr) a Firenze!” Un altro post della pagina FB commenta: “Con i circoli della Toscana e amici di altre associazioni abbiamo professato la libertà di dire che la famiglia non è, nella sua essenza, un prodotto culturale, ma l’unione tra un uomo e una donna; che che i bambini hanno la necessità di crescere con una mamma e un papà; che non si possono imporre alla collettività i sentimenti personali sulla propria sessualità (teoria del gender). Siamo orgogliosi di essere stati una pietra di scandalo per alcune associazioni e collettivi toscani (la cui “potenza” mediatica in piazza ha partorito un topolino!), abbiamo smosso le acque e dimostrato che non c’è un pensiero unico cui sottostare! “.
In sintesi per cosa si è manifestato? Innanzitutto per la libertà di espressione e di pensiero. La contrarietà alle legge omofobia non è rivolta contro le persone, ma contro la strumentalizzazione ideologica di una questione che mette in serio pericolo la libertà di pensiero garantita dalla Costituzione: “No alla legge liberticida –commentano i responsabili LMPT-, contro l’omofobia. La più grande di tutte le falsità è questa: “Se pensi che il matrimonio abbia come requisito naturale l’eterosessualità dei coniugi, e se pensi che un bambino abbia un naturale bisogno di crescere con un padre e una madre, allora senza alcun dubbio nascondi un sentimento di disprezzo, odio, risentimento verso gli omosessuali”. Quest’affermazione, che ricorre ciclicamente, è la madre di ogni fesseria”.A peggiorare la situazione è il nuovo emendamento introdotto dai 5 stelle: al disegno di legge contro l’omofobia, ora all’esame della commissione Giustizia del Senato. Punta a introdurre una «pena accessoria»: in caso di condanna può scattare l’obbligo di lavorare da sei mesi a un anno in un’associazione che tutela omosessuali, bisessuali, transessuali o transgender. E’ possibile approvare una simile legge liberticida? Siamo forse in regime dittatoriale? “Quante volte ci siamo sentiti dire che la nostra libertà d’opinione è, in realtà, una “libertà di discriminazione”, poiché tesa a negare diritti umani delle persone omosessuali, tra cui rientrerebbe il matrimonio in virtù del principio di uguaglianza dei cittadini davanti alla legge? Quest’affermazione viene ripetuta in continuazione, ma in continuazione elude la questione centrale: veramente siamo in presenza di diritti umani, tali per cui la loro negazione è una effettiva discriminazione?”
A Catania, è stato presentato un Documento-proposta di Regolamento delle Unioni Civili a cura Scuola di formazione all’impegno sociale e politico dell’Arcidiocesi di Catania: Sabato 18 gennaio 2014, presso i locali del Seminario Arcivescovile di Catania, dopo lo svolgimento di un incontro con gli allievi della Scuola di formazione all’impegno sociale e politico, promosso dall’Ufficio Diocesano per i problemi sociali e il lavoro, il Laboratorio per la città ha esaminato l’atto proposto per l’approvazione del Consiglio Comunale, dal titolo “Regolamento Comunale sulle Unioni Civili”.
Il Laboratorio osserva in via preliminare che l’adozione del provvedimento pone problemi di metodo in tema di democrazia partecipativa. Infatti, l’adozione di un atto amministrativo che non implica semplici tecniche di gestione, ma importa scelte significative, necessita di un confronto aperto con la città e le sue sensibilità. Solo così è possibile eliminare il dubbio che si voglia cedere alle pressioni del momento piuttosto che intervenire su di un tema rilevante per la vita delle persone e della città. Nel merito il Laboratorio ritiene di trovarsi dinanzi ad un atto: 1. Piuttosto ambiguo nella formulazione e nella definizione dell’ambito di applicazione; 2. In contrasto con gli artt. 2, 29 e 30 della Costituzione; 3. In contrasto con il vigente diritto di famiglia; 4. In contrasto con l’art. 6.12 del vigente Statuto del Comune di Catania; 5. Non di competenza del Consiglio Comunale in ordine alla definizione delle unioni di fatto ed al loro riconoscimento; 6. Di una sostanziale delega alla Giunta circa i contenuti concreti delle misure.Il “Regolamento”, infatti, si limita ad elencare una serie di requisiti e di finalità desiderate, senza tenere conto né della legislazione vigente in materia, né del dibattito in corso nel nostro Paese sulla definizione e la discipline delle unioni di fatto. La questione si fa più complessa, per l’approvazione della Legge Finanziaria Regionale che, senza neppure porsi il problema della regolamentazione della materia, ma semplicemente elencandone il titolo, stanzia fondi a sostegno delle “Unioni Civili” sottraendoli alle risorse destinate al welfare familiare. Il Laboratorio osserva che un tema di questa portata non possa essere discusso ed approvato ancor prima di affrontare e risolvere gli innumerevoli problemi in cui le famiglie della nostra città e dell’intera Regione si dibattono, a causa del permanere della grave crisi economico-finanziaria. Il Laboratorio chiede: 1. L’istituzione del “distretto famiglia”, sull’esempio fornito dalla provincia di Trento; 2. L’attribuzione di fondi e loro utilizzazione per il welfare familiare, anche ricorrendo alle risorse fornite da Leggi nazionali, regionali e comunitarie; 3. L’applicazione del “quoziente familiare” nella determinazione delle tariffe dei servizi e della fiscalità locale; 4. La regolamentazione dei tempi di lavoro a favore della famiglia; 5. L’istituzione del marchio “amico delle famiglie”.
Il Laboratorio invita: 1. Gli organi di amministrazione della Città, Sindaco, Presidente del Consiglio e Consiglio Comunale, a volere con sollecita urgenza, convocare i rappresentanti della Scuola di Formazione all’impegno sociale e politico e del Laboratorio per la Città, per aprire il dibattito nella città con criteri di ampia diffusione e trasparenza, per discutere i temi in ordine alla “politica sociale in favore della famiglia, considerata tale anche quella di fatto” (Cf. art.6.12 Statuto Comunale); 2. A deliberare sulle unioni civili solo all’interno di una decisione più vasta sui servizi sociali e sulle prestazioni da rendere alla comunità familiare. DonSa
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