L’amministrazione Trump accusa il governo siriano di Bashar al-Assad di eseguire esecuzioni di massa dei prigionieri e di bruciare i loro corpi in un grande crematorio appena fuori Damasco per nascondere le prove. Secondo il Dipartimento di Stato, circa 50 detenuti al giorno sono impiccati nella prigione militare di Saydnaya, ad appena 45 minuti da Damasco.
Il governo di Assad «è sprofondato in un nuovo livello di depravazione» con il sostegno di Russia e Iran, ha dichiarato l’inviato Usa in Medio Oriente, Stu Jones, presentando le foto declassificate dell’edificio della prigione militare che sarebbe stato modificato in modo da creare il forno crematorio.
«Vi sono ragioni per restare scettici», ha poi sottolineato Jones per aver fiducia nelle «aree di de-escalation» decise negli accordi di Astana tra Russia, Turchia e Iran. Le accuse giunte oggi dagli Usa sulle esecuzioni di massa di detenuti, nel carcere militare di Saydnaya, fanno seguito ad un rapporto di Amnesty International del 7 febbraio scorso, secondo cui nella stessa prigione,definita da chi ci è passato un “mattatoio”, sono stati impiccati non meno di 13.000 prigionieri nell’arco di soli cinque anni, dall’inizio della rivolta del 2011 al 2015.
In passato le autorità siriane avevano già respinto le accuse di avere compiuto esecuzioni di massa, ma l’organizzazione ha scritto che a Saydnaya gruppi di 20-50 persone venivano impiccate una o due volte alla settimana, dopo processi-farsa che duravano pochi minuti.
I dati si fermano al 2015, ma secondo Amnesty non c’è ragione di ritenere che la soppressione di detenuti non sia continuata. In un altro rapporto, dell’agosto 2016, l’ong affermava che dal 2011 altri 17.000 prigionieri erano morti a causa delle torture, dei maltrattamenti e delle privazioni. Il governo di Damasco ha smentito la fondatezza del rapporto di Amnesty International, mentre la Russia l’ha bollato come «un’altra deliberata provocazione», giunta in un momento cruciale per la soluzione della crisi siriana.
Fonte www.avvenire.it