Woityla: Il soffio dello Spirito e la chiamata al Pontificato

Morto Papa Paolo VI (6 agosto 1978), anche il Card. Wojtyla sarà presente a Roma per l’elezione del nuovo Pontefice, che sarà individuato nel mite Card. Albino Luciani, eletto Papa con il nome di Giovanni Paolo I il 26 agosto del 1978. Tuttavia nessuno avrebbe immaginato che quel pontificato sarebbe durato appena 33 giorni. Non deve sorprendere questo dato per chi è avvezzo alle cose divine, poiché esse amano percorrere vie misteriose e perché le vie stesse di Dio differiscono da quelle dell’uomo (cf. Is 55,9). I 33 giorni di pontificato sembrano infatti, delineare un tempo di conformazione, un dono concesso ad un umile servo, che sarà chiamato a contemplare il Dio della sua fede nella Chiesa celeste, affinché possa aprirsi un nuovo tempo, nel quale un Papa venuto da “lontano”, avrebbe accompagnato la Chiesa e l’umanità tutta, introducendola nel terzo millennio. Così il 16 ottobre del 1978, data che un biografo come Riccardi collega con la razzia degli ebrei di Roma, ma anche giorno di santa Edwige, patrona di Cracovia, sarà eletto pontefice il Card. Karol Wojtyla che prenderà il nome di Giovanni Paolo II. Fin da subito egli ci dona una parola forte ed incoraggiante, capace di mediare freschezza e sicurezza evangelica, nel segno della chiamata che lo Spirito sembra rivolgere alla sua Chiesa e all’umanità: “Non abbiate paura, aprite anzi spalancate le porte a Cristo”.

Quest’invito, che nasce da un’intima e profonda esperienza personale e spirituale, non deve essere inteso come un richiamo all’eroismo, ma come impegno “naturale”,

fiduciosa obbedienza del discepolo al suo Signore, che lo chiama ad essere strumento di pace e consolazione. Le vibranti parole del neo-pontefice, scaturendo dal silenzio e dall’ascolto orante della volontà di Dio, comunicano una speranza che diviene sicurezza, fiducia ed audacia, che traducono quell’originalità dello Spirito, che chiama la sua Chiesa alla nuova missione dell’evangelizzazione.  Aprire i confini degli stati, i sistemi economici e politici, la civiltà e lo sviluppo, è un messaggio rivolto all’intera umanità che per la Chiesa significherà, affermare la propria fede in Colui che “sa cosa l’uomo si porta dentro il cuore”. Questa forte tensione cristologica emergerà nelle prime due encicliche, come via e mediazione attraverso la quale poter fare esperienza del volto del Padre e della sua misericordia divina che non smette di effondersi sull’umanità intera. Nel suo alternare gesti e parole, si coglie un nuovo modo di comunicare, una pedagogia simbolico espressiva molto eloquente. È questo il caso del gesto dell’innalzamento della croce, che sembra richiamare alla necessità e priorità della sequela di Cristo e del fatto egli intende attirare tutti a se. La croce è infatti, la gloria del cristiano, quel segno di contraddizione che esprime la logica del servizio, della povertà e della comunione. Ogni gesto è dunque carico di profezia. Così è significativo che la prima uscita che valica i confini di Roma, sia verso Assisi (05-11-1978), per quella che egli definirà “nascita spirituale”, non a caso nei luoghi di san Francesco, figlio della terra italiana e patrono d’Italia, nonché umile servo e modello di conformazione a Cristo nella Chiesa.

Nel segno del Padre Serafico, si fa anch’egli missionario di Cristo, e in armonia e sintonia con il mondo, opera delle mani di Dio, colpisce il suo gesto “francescano” del baciare la terra. Ogni terra infatti è benedetta da Dio. La missione di chi serve infatti, non è mai una proprietà personale, ma è prolungamento della stessa missione di Dio, missione trinitaria, che ci svela il Figlio Unigenito che inizia il suo ministero volgendosi ai poveri e agli ammalati. I viaggi apostolici del giovane Papa sembrano riproporre fin da subito questa attenzione agli ultimi, poveri ed oppressi, per annunciare loro una parola di speranza e di giustizia, come emerge dal primo viaggio a Santo Domingo, Messico e Bahamas (1979), e poi le successive tappe che privilegeranno più volte e a più riprese le Americhe, l’Africa e l’Asia. L’apertura alle genti e l’abbraccio alle folle è reale e ricercato a volte aggirando rigidi protocolli di sicurezza e consuetudini varie, ma soltanto perché nella sua vicinanza concreta le genti possano fare esperienza della misericordia e dell’amore divino. Il suo servizio svela così desideri ed energie nascoste di questi popoli. C’è un vasto mondo che attende infatti, una parola di fiducia, di speranza e di salvezza. Ciò comporta la rimozione di errori e storture come quello di una certa deriva di alcuni aspetti della teologia della liberazione, che pare  ricercare una commistione fra vangelo e marxismo, che produce solo rassegnazione se non si lascia sostenere dalla forza liberatrice del vangelo e dall’incontro con la Persona di Cristo. Non mancano tuttavia attenzione e considerazione anche verso i paesi considerati più industrializzati, anch’essi in realtà poveri ed oppressi, sia per sperequazioni interne e disuguaglianze diffuse che per la corrosione dell’incipiente relativismo etico, edonistico e materialistico, tipico dei paesi occidentali. Essi vanno scossi da un torpore che rischia di assuefare la differenza cristiana. Il Papa nel giro di due anni farà visita in USA, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna. Dopo meno di un anno andrà anche nell’amata Polonia (giugno 1979), dove lo attende una moltitudine senza voce, copertura televisiva, solo immagini fisse sul palco del Papa, ma soprattutto senza dignità e riconoscimento (1979-1981). A questa intensa attività missionaria ed evangelizzatrice si affianca una vivace attenzione al mondo della cultura, anch’esso bisognoso di evangelizzazione, come testimoniano i due discorsi tenuti all’ONU (02-10-1979) all’UNESCO (02-06-1980), ma anche le molteplici udienze private rivolte a politici e capi di Stato.

L’oscura trama del male-. Al terzo anno di pontificato si ripresenterà in modo minaccioso quell’oscura trama del male, che aveva sperimentato anche se mai in modo diretto, negli anni giovanili e nel ministero in Polonia. L’esperienza drammatica di quell’«eruzione di male», «bestialità», «vortice» che si era abbattuto sull’Europa e sul mondo per via della follia nazista, di cui il Papa aveva avuto una certa conoscenza, senza che provvidenzialmente fosse stata minacciata la sua vita fisica, si ripresenterà al terzo anno di pontificato, inaugurando una nuova fase, un nuovo tempo, nel quale l’umile servo dovrà essere provato anche da una certa libertà concessa alle trame del male. Egli sarà chiamato ad attraversare nuovamente questa valle oscura del male, con la grazia della vittoria di Cristo, con il fiducioso abbandono del discepolo che confida nella giustificazione che proviene da Cristo (cf. Rm 5,18). Così alle 17.21 del 13 maggio del 1981, il terrorista turco Alì Agca ferirà quasi mortalmente il Papa. Due proiettili attraversano il suo corpo, uno ferendolo al gomito, l’altro fermando la sua corsa a poca distanza dal cuore. Quest’evento grave e significativo, culminato nella guarigione e ripresa, dopo un lungo intervento chirurgico, sarà riletto dal Santo Padre come esperienza di amore di Dio per la sua persona e per la Chiesa. Le oscure trame del male, provocano inevitabili sofferenze, dalle quali tuttavia, l’opera della Grazia Divina, riesce a trarne del bene, insieme a frutti di perdono e di conversione. L’esperienza della misericordia divina e del suo amore sconfinato, sarà percezione e gioiosa scoperta di una debolezza e fragilità anche fisica, che fa emergere l’abbandono del discepolo in Colui che rende soave il giogo e leggero il peso di una croce che va sostenuta per introdurre l’umanità e la Chiesa tutta nel tempo del III millennio. di Giovanni Chifari 

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