Era il numero 26147 della baracca 26 del campo di concentramento di Dachau, quella riservata ai sacerdoti tedeschi, esposto a ogni tipo di punizione e di umiliazione e costretto ai lavori forzati. Nonostante ciò, don Engelmar Unzeitig, sacerdote professo della congregazione dei missionari di Mariannhill, riuscì a svolgere un fecondo lavoro apostolico verso i compagni di prigionia, soprattutto russi, polacchi e cechi, ai quali distribuiva anche il contenuto dei pacchi che gli venivano spediti.
Morì martire dell’amore fraterno, assistendo e curando i malati di tifo. Il cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, in rappresentanza di Papa Francesco, lo beatifica sabato 24 settembre, a Würzburg, in Germania.
Unzeitig nacque il 1° marzo 1911 a Greifendorf, nella regione dello Schönhengstgau, terra di lingua tedesca facente parte dell’impero austro-ungarico sino alla sua dissoluzione nel 1918, quando la regione fu incorporata nella nuova entità della Cecoslovacchia. La famiglia era molto religiosa e viveva onesta e laboriosa in una fattoria di sua proprietà. Fu battezzato con il nome di Hubert il 4 marzo 1911. Nel 1917, durante la prima guerra mondiale, suo padre, prigioniero in Russia, morì di tifo e la famiglia dovette impegnarsi duramente per poter sopravvivere, grazie soprattutto all’allevamento di animali e alla coltivazione dei campi: la madre era esigente, il lavoro grande e per i ragazzi non c’era molto spazio per i divertimenti. Hubert, che era schivo e solitario, dedicava gran parte del poco tempo libero alla lettura.
Si può affermare che la sua intera esistenza è stata una via crucis, tracciata su quella del Maestro. Strappato dalla cura pastorale di Glöckelberg, fu isolato per sei settimane nelle carceri di Linz e quindi condannato senza alcun tipo di processo al campo di concentramento di Dachau. Qui era destinato a perdere ogni parvenza di dignità umana.
Le privazioni, le umiliazioni e i maltrattamenti subiti furono per lui strumenti di purificazione e di forza. Nelle sue lettere parlava dell’inferno del campo di concentramento come di un «trionfo della grazia», in cui egli si trovava «protetto dalla mano di Dio». Nonostante l’odio, l’arbitrarietà e i soprusi a cui tutti i detenuti erano esposti, il beato poteva affermare: «L’amore raddoppia le forze, fa diventare ingegnosi, rende interiormente liberi e felici». Con questi sentimenti si uniformava quotidianamente alla volontà di Dio, teso ad affidare tutto alla sua misericordia, «cercando semplicemente giorno per giorno e momento per momento di adempiere la santa e santificante sua volontà come meglio posso. Il Salvatore mi dà in questi giorni anche un ottimo esempio con le parole: Padre, non la mia, ma sia fatta la tua volontà. Questa è anche la via più diritta per giungere a Dio e per pervenire alla gioia pasquale di una beata resurrezione».
Redazione Papaboys (Fonte L’Osservatore Romano, 23-24 settembre 2016)
Papa Francesco ha annunciato eventi di straordinaria importanza per il prossimo Giubileo del 2025, un anno santo dedicato alla riflessione…
Maria, Avvocata nostra, prega per noi! Signor mio Gesu' Cristo Crocifisso, Figlio della B. V. Maria, apri le tue orecchie…
Sant’Edmondo: vita e preghiera per una grazia Sant'Edmondo è stato un sovrano e martire inglese; è considerato da molti il…
Novena alla Madonna della Medaglia Miracolosa Il testo della preghiera alla Madonna della Medaglia Miracolosa si può recitare per nove…
Dedicazione delle basiliche dei Santi Pietro e Paolo Storia e preghiera della festa di oggi 18 Novembre: Dedicazione delle basiliche dei…
Questo sabato 18 novembre inizia il Triduo alla Madonna della Salute. Rivolgiamoci a Lei per la guarigione del corpo e…