Precipita la situazione nello Yemen. Dilagano i ribelli sciiti houthi nel sud. Immediata la risposta armata della coalizione dei Paesi arabi, alla quale ha dato la sua adesione anche l’Egitto. Intanto, il presidente Hadi, sul quale si puntava per una mediazione nella crisi, avrebbe lasciato la capitale. Ci riferisce Giancarlo La Vella:
E’ guerra aperta nello Yemen. L’avanzata dei ribelli sciiti houthi, improvvisa, inarrestabile, punta decisamente a sud, fino a raggiungere la città di Aden. Intorno all’importante centro meridionale infuria la battaglia, le agenzie pochi minuti fa hanno rilanciato la notizia della riconquista da parte delle forze di Sanaa dell’aeroporto internazionale. Dalla mezzanotte scattata in appoggio all’esercito un’imponente campagna militare a guida saudita, alla quale partecipano Marocco, Giordania, Sudan, Kuwait, Emirati Arabi Uniti, Qatar e Bahrein. Ultima importante adesione quella dell’Egitto. A Riad va l’appoggio logistico e di intelligence degli Stati Uniti, dichiarato dallo stesso Obama. Il grosso delle operazioni militari avviene via aria con raid massicci, in uno di questi, contro le basi houti nella capitale, uccise 13 persone. Un panorama bellico preoccupante di fronte al quale si sono perse le tracce del presidente Hadi, fuggito ieri dalla sua residenza. C’è chi lo dà all’estero, chi al sicuro in un bunker. E oggi, di fronte alla caotica situazione di un Paese considerato in questo momento strategico, convocata in tutta urgenza la riunione ministeriale della Lega Araba a Sharm El Sheik, che potrebbe adottare importanti risoluzioni.
Intanto, c’è preoccupazione per le condizioni della popolazione civile messa a dura prova da settimane di conflitto. L’Onu sta provvedendo all’evacuazione del suo personale e teme una catastrofe umanitaria. Benedetta Capelli ne ha parlato con Paolo Lembo, coordinatore Onu per lo Yemen:
R. – Il sud è storicamente ostile a queste forze sciite, quindi gli houthi potrebbero conquistare il sud. Ma a che costo? E poi come mantenerlo? Con quale futuro per il Paese, nel momento in cui c’è una milizia sciita che ha il potere militare di conquistare il territorio, ma non ha la capacità politica di gestirlo? E questo provocherebbe anche l’accensione di un conflitto terroristico, come abbiamo visto, che potrebbe dare delle caratteristiche settarie a questa guerra. Perché di questo si tratta: la guerra non è più una preoccupazione, ma è una realtà. Fino adesso, è stato un conflitto di tipo militare e di tipo politico con conseguenze regionali gravissime ovviamente. Ci sono degli importanti Stati limitrofi allo Yemen che sono estremamente tesi in questo momento, perché il sud controlla lo Stretto di Hormuz, dove il 40% del commercio marittimo internazionale transita. Quindi, chiunque controlli quello stretto tra il Corno d’Africa e il mondo arabo ha un controllo politico enorme sul commercio marittimo internazionale, con un impatto economico globale molto significativo.
D. – Per questo motivo possiamo dire che, in un certo modo, l’interesse dell’Arabia Saudita è così presente e forte? Ricordiamo che sul confine arabo-yemenita sono state schierate delle truppe saudite…
R. – Sì, credo che questa decisione dello schieramento delle truppe saudite al confine settentrionale dello Yemen con l’Arabia Saudita per il momento sia da concepirsi come una decisione di tipo strategico-difensiva e non offensiva. Credo che sia improbabile che ci siano degli invii di truppe straniere. Sarebbe una decisione gravissima! Siamo molto preoccupati. Come Nazioni Unite abbiamo chiesto una riunione, probabilmente a Doha nel futuro più immediato, con tutte le parti, per cercare di portare un po’ di ragionevolezza. Adesso, però, siamo molto preoccupati e siamo anche occupati a cercare di evacuare alcuni funzionari dell’Onu che sono ancora ad Aden, abbiamo 15 funzionari internazionali e stiamo cercando di mandare il nostro aereo. I funzionari internazionali sono ovviamente particolarmente esposti e poi quel territorio dove si trovano è molto vicino alla zona controllata da al-Qaeda. Quindi, non devo dirle altro…. Nel momento in cui c’è caos, guerra civile e anarchia, dobbiamo fare in modo di non esporci.
D. – In questa partita che ruolo gioca, secondo lei, l’Iran?
R. – L’Iran è un Paese molto importante. Il movimento revivalista Houthi è un movimento zaidi, quindi ha delle affiliazioni sciite, ma in modo molto largo. Recentemente, abbiamo notato dei comunicati ufficiali del governo iraniano che ha espresso delle considerazioni positive nei confronti di certe istanze proposte da questo movimento degli Houthi. Penso che la potenza con cui dobbiamo avere a che fare in questo momento è però al Qaeda, che controlla tutto l’oriente del territorio e che potrebbe riattivarsi giovandosi del vuoto che si sta creando con l’avanzamento delle truppe degli houthi nel territorio di Aden.
D. – La popolazione come vive questo conflitto, che si protrae ormai da tanto tempo e che diventa sempre più violento?
R. – Dobbiamo stare attenti a questo Paese, che è il Paese più povero del mondo arabo e che negli ultimi due mesi ha continuato a sopravvivere senza un governo – non dobbiamo dimenticarci che il Paese è abbandonato a se stesso – con milizie sovrapposte e incrociate che si combattono in modo diverso, con questa ulteriore crisi determinata dal conflitto tra alQaeda e Is per la supremazia terroristica nello Yemen. Non so, cosa altro ci dovremmo aspettare per fronteggiare una crisi umanitaria di proporzioni enormi? Ecco perché noi, come Onu, cerchiamo di restare quali che siano le condizioni di sicurezza, perché sappiamo che molto presto ci sarà un collasso delle istituzioni e una grandissima crisi umanitaria e per la quale dovremo, molto presto, sensibilizzare la comunità internazionale.
Fonte. Radio Vaticana