Sulla guerra in Ucraina: “Non ragionare solo con la logica delle armi. L’Italia ratifichi il trattato contro il nucleare”
Salvatore Cernuzio – Città del Vaticano per Vaticannews.va
“Nessuna copertura, nessuna resistenza da parte dei vescovi. Ci prenderemo le botte che dobbiamo prenderci e anche le nostre responsabilità. Lo dobbiamo alle vittime, il loro dolore è la priorità. E lo dobbiamo alla Santa Madre Chiesa”. L’annuncio di un report nazionale della Cei sui casi di abusi avvenuti nell’ambito della Chiesa italiana ha occupato circa un’ora delle due in cui si è svolta la conferenza stampa del cardinale Matteo Maria Zuppi. La prima dell’arcivescovo di Bologna in veste di presidente della Conferenza episcopale italiana, così nominato tre giorni fa dal Papa.
Nell’Istituto di Maria Santissima Bambina – luogo familiare perché suo vecchio asilo – il cardinale ha riferito dei lavori della 76.ma Assemblea generale e risposto alle domande dei giornalisti su guerra in Ucraina, armi nucleari, cammino sinodale, temi etici. Ma soprattutto Zuppi ha affrontato la questione abusi. La ‘grande questione’ sollevata negli ultimi mesi da diverse associazioni che domandavano al successore del cardinale Bassetti, come primo impegno, di dare una risposta a centinaia di vittime in Italia e affidare a una commissione indipendente, sulla scia di altre Chiese europee, un’indagine che facesse luce su vecchi e nuovi casi di pedofilia clericale.
Una indagine ci sarà. I 223 vescovi d’Italia riuniti in Assemblea – si legge nel comunicato finale – hanno infatti elaborato cinque piani d’azione “per una più efficace prevenzione del fenomeno degli abusi” che prevedono, oltre a un rafforzamento dei Centri di ascolto che coprono il 70% delle diocesi italiane, anche l’attuazione di un primo Report nazionale sui casi di abuso segnalati o denunciati alla rete dei Servizi diocesani e interdiocesani negli ultimi due anni e l’avvio di un’analisi sui dati di delitti presunti o accertati perpetrati da chierici in Italia nel periodo 2000-2021 custoditi dalla Congregazione per la Dottrina della Fede. Il report nazionale sarà realizzato con il “contributo di centri indipendenti” di istituti universitari di criminologia e vittimologia. La pubblicazione è prevista per il 18 novembre, giornata scelta dalla stessa Cei per ricordare vittime e sopravvissuti agli abusi, come tributo a queste persone il cui “dolore” è il punto di partenza.
Una scelta differente, dunque, da quella adottata dalle Chiese di Germania, Francia, Portogallo e più recentemente anche Spagna: “Una strada italiana”, l’ha definita infatti Zuppi, chiarendo più volte con parole decise che tale decisione non vuole né essere “un modo per dire che ‘noi ce la cantiamo e ce la suoniamo’” e tantomeno “per sfuggire o nascondersi”. Anzi, vuole essere “una cosa seria, vera”, che non lasci spazio a polemiche come avvenuto, ad esempio, in Francia con il lavoro compiuto dalla commissione Ciase che ha dato adito ad “ampie discussioni”, ha detto Zuppi. “Noi non vogliamo discutere, non vogliamo scantonare. Il report non serve come calmante ma è per fare le cose con serietà”.
È per questo motivo che la Cei ha deciso di analizzare gli ultimi 21 anni e non tornare indietro fino agli anni ’40, come accaduto nei succitati report esteri. “Sui 20 anni non c’è niente da fare: siamo noi, ci coinvolge direttamente. Ci sembra molto più serio, fa molto più male. Il 1945 sono 80 anni, credo che giudicare coi criteri di oggi qualcosa di 80 anni fa che anche allora è stato giudicato con altri criteri, crei difficoltà di valutazione”, ha spiegato il cardinale, rimarcando che tra i vescovi non vi è stata alcuna “resistenza”.
La scelta di un limite temporale è stata, tuttavia, criticata da alcuni presenti alla conferenza stampa tra cui Francesco Zanardi, presidente dell’associazione Rete L’Abuso, lui stesso vittima in passato di un sacerdote, il quale ha rilevato che potrebbe risultare “discriminatorio” analizzare casi relativamente recenti che taglierebbero fuori quelli avvenuti invece in anni precedenti. Casi, peraltro, mai denunciati alla magistratura perché caduti in prescrizione, né alla Chiesa che li avrebbe ignorati. Anche sul tema dei risarcimenti, ha fatto notare Zanardi, si rischia di creare una disparità perché destinati solo a vittime di abusi dell’ultimo ventennio, laddove ci sono sopravvissuti che soffrono tuttora di patologie fisiche e psichiche gravissime (1600 li raccoglie Rete L’Abuso).
Dopo aver ascoltato e preso appunti sulla sua agenda, il cardinale Zuppi ha invitato Zanardi al dialogo: “Incontriamoci! Ci incontriamo molto volentieri, se avete dei casi ditecelo. Se lo avete già fatto, non lo so, parlo per me… Poi c’è lo Stato, si va dalla polizia. Sicuramente sarà molto utile per renderci conto”, ha detto il cardinale, “lo Stato ha delle regole, per noi non c’è una prescrizione morale”. Quanto ai risarcimenti, Zuppi ha detto che si tratta di “un discorso molto aperto”. In ogni caso, ha aggiunto, “il problema è non fare solo un discorso quantitativo, serve anche qualità. Non c’è nessuna volontà di non dare numeri: la collaborazione con la Congregazione per la Dottrina della Fede lo dimostra”
Sulla questione abusi, ma anche in generale sulle sfide che la Chiesa italiana è chiamata a far fronte, il neo presidente Cei ha indicato la via dell’ascolto. Un ascolto che deve “ferire”, come aveva detto nella prima dichiarazione poche ore dopo la nomina. Oggi il porporato ha ribadito il concetto esortando la Chiesa ad essere “una Chiesa che ascolta, che si sente compagna di viaggio e ha l’atteggiamento di una madre che vuole ripartire dal camminare insieme”. Le “pandemie”, il Covid e la guerra, “hanno rivelato che siamo ‘fratelli tutti’. Questa consapevolezza dobbiamo maturarla e la Chiesa deve trovare risposte alle sofferenze e alle domande di senso”.
In questo senso è “importantissimo”, secondo il cardinale, il cammino sinodale in corso. Qualcuno tra i cronisti ha fatto notare che però il percorso voluto dal Papa sembra “non decollare”. Per Zuppi un grosso problema è stato il Covid che “ha reso difficile ritrovarsi”. Nonostante questo, ha riferito, sono arrivate nella segreteria della Cei 205 relazioni, frutto di sintesi di 50 mila gruppi diocesani, molti dei quali composti da gruppi di laici.
Non è mancato nella conferenza stampa un focus sulla guerra in Ucraina. Anzitutto Zuppi ha esortato all’accoglienza dei profughi, un’accoglienza che però “duri nel tempo”: “Molti hanno cercato di tornare in Ucraina, molti rimangono e il loro inserimento è fondamentale”. Il coinvolgimento “immediato e affettivo” per il Paese est-europeo, non deve far “dimenticare gli altri pezzi delle altre guerre mondiali”, ha affermato inoltre il cardinale. “L’Afghanistan, la Libia chiedono risposte. Non dobbiamo dimenticare i tanti i dispersi nel Mediterraneo, la tragedia dei migranti. Qualche volta si spengono i collegamenti”.
Il presidente dei vescovi italiani ha poi assicurato che la Cei metterà tutto l’impegno possibile perché l’Italia ratifichi il trattato Onu per la messa al bando delle armi nucleari. “Si riparla di guerra nucleare, non possiamo abituarci. L’adesione al trattato Onu è importante per non abituarsi a tornare a ipotesi che fanno perdere la consapevolezza su cui è nata Europa, la difesa dei diritti”. Allo stesso modo, ha rimarcato Zuppi, “non possiamo abituarci alla guerra, è una tragedia, uno scandalo per i cristiani”. Sull’invio delle armi, il cardinale ha invece affermato: “Non si ragioni solo secondo la logica delle armi. La legittima difesa è un diritto, ma il più grande diritto è la pace”.
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